Rilevante sentenza della Corte di Cassazione (sez. Lavoro/23850 del 5 settembre 2024) sulla figura del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza.
La Cassazione ha stabilito che l’RLS può contestare il datore di lavoro, con limiti pari a quelli di sindacalista.
I giudici hanno dichiarato illegittima la sanzione disciplinare inflitta da un’azienda a un dipendente per le sue dichiarazioni ai media in materia di incidenti sul lavoro. La sentenza, oltre a ribadire la centralità dell’articolo 39 della Costituzione, sulla libertà di organizzazione sindacale, afferma che l’attività del RLS debba essere equiparata a quella di un rappresentante sindacale.
La Corte di cassazione sottolinea come l’atto elettivo del rappresentare dei lavoratori ponga questa figura nell’ambito dell’organizzazione sindacale e che quindi la sua tutela debba essere garantita come per le altre figure sindacali.
Quindi, pur essendo come lavoratore vincolato alla subordinazione è, in quanto rappresentante sindacale, libero nell’esercizio delle sue funzioni.
La Corte di Cassazione ha ravvisato inoltre nel profilo delle dichiarazioni rese ai media dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza caratteristiche “nei limiti della continenza e riconducibili al diritto di critica”; limiti che vengono superati solo con l’attribuzione all’impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati.
I giudici di legittimità non hanno mancato, inoltre, di evidenziare che, ricomprendendo il ruolo di RLS nell’area dei soggetti tutelati come i lavoratori sindacalisti portatori di interessi collettivi, “la manifestazione di solidarietà ad altri lavoratori con generale valenza politico-sindacale rientra nell’ambito del diritto di critica e del diritto di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelati”.